Nel 1579 Antonio Maria
Gigli e Tommaso Barbieri acquistano da Margherita
Bongiovanni, vedova di Cristoforo Grassi di Castel dè Britti,
la terza parte di un mulino con una posta per macinare in
località detta “Torcè”. Nel 1781 mons. Girolamo Formagliari
– Barbieri lo lascia in eredità al Nipote Francesco
Guidalotti. Le macine erano azionate da una ruota verticale
che sfruttava l'energia del
canale di San Giovanni, quest'ultimo aveva origine subito a
monte della via Emilia in curia di Piumazzo, dove numerose
risorgive si incanalavano nel “fluvius Gallorum”, in seguito
chiamato dai Persicetani, che ne vantavano la proprietà,
semplicemente “il Canale”.
(cit.
Sperandini, "Mulini ad acqua tra Samoggia e Panaro" - Centro
studi storici nonantolani) |